11) L' EMISSARIO CESSA DI FUNZIONARE.

Dal III° secolo d.C. in poi le notizie sul Fucino sono veramente poche o indirette.
Già possiamo considerare eccezionali le notizie implicite di Dione Cassio per il III° secolo, e quelle di Sparziano per il II° secolo; notizie che confermano la permanenza del lago del Fucino, ovviamente di superficie ridotta.
La permanenza del lago viene confermata anche dal Liber Coloniarum e dalla già ricordata iscrizione di Onesimus, attestante la presenza di un procuratore imperiale, con mansioni di direzione dell’esercizio e manutenzione delle opere idrauliche nel Fucino.
L’iscrizione è databile intorno al IV° secolo d.C. ed è l’ultima, in ordine cronologico, da cui si può attestare con certezza che in quell’epoca l’Emissario era ancora funzionante, visto che c’era addirittura un procuratore imperiale che ne controllava l’efficienza.
Gli ingegneri francesi di Torlonia, Brisse e De Rotrou, che furono gli ultimi ad esplorare l’incile romano prima della sua demolizione, affermano nella loro relazione:
“Vi sono sufficienti indizi per ammettere che lo scolo delle acque del lago verso il Liri, ha continuato regolarmente fino al termine del IV°, o al massimo fino agli inizi del V° secolo; poi si ridusse progressivamente per cessare del tutto fra l’VIII° ed il IX° secolo”.
In generale possiamo immaginare che finché durò l’Impero di Roma, le condizioni economiche della Marsica si dovettero mantenere abbastanza buone, grazie anche ai territori fertili e pianeggianti intorno al residuo lago del Fucino; il che suppone ovviamente il regolare funzionamento dell’emissario.
Quando però, col declino dell’Impero, le condizioni dell’Italia peggiorarono, precipitarono ovviamente anche quelle della Marsica.
La regione divenne anzi, campo di battaglia, attraversata ripetutamente da dagli eserciti barbarici, attratti e facilitati dalla presenza della via Valeria.
Intorno alla metà del VI° secolo, il Re degli Ostrogoti, Totila, attraversò per ben quattro volte in soli 10 anni le contrade del Fucino.
Alba, arroccata sul suo colle e munita di eccezionali difese, rappresentate dalle sue mura, riuscì a resistere, come attesta Procopio nel suo De Bello Gotico.
Marruvio fu data ben presto alle fiamme e gli altri centri minori della Marsica dovettero soffrire anni di assedi, occupazioni, saccheggi e distruzioni.

E' inoltre certo che nella Marsica si verificò un violento terremoto verso la fine del IV° secolo  che sicuramente dovette procurare danni ingenti all'intera struttura dell'incile romano.
In un tale disastro politico ed amministrativo, come era naturale, mancò del tutto ogni sorveglianza al funzionamento dei canali di deflusso e l’Emissario, bisognoso di manutenzione continua, finì per ostruirsi progressivamente fino al punto in cui il lago tornò ai suoi originari confini.
E’ impossibile precisare, con buona approssimazione, quando avvenne l’ostruzione completa dell’emissario romano; però , una data precisa , oltre la quale è da ritenersi per certo che l’emissario non fosse più in funzione, è l’anno 589 d.C.
Infatti, nei suoi Annales, Ludovico Muratori ricorda, nell’anno 589, durante il regno di Autari, una serie di terribili alluvioni che si  abbatterono sull’Italia.
Proprio in quell’occasione il Fucino ebbe una crescita smisurata di acqua, tale da provocare danni incalcolabili alle città rivierasche.
Possiamo quindi supporre che l’alluvione dovette essere provocata, e forse aggravata, dal definitivo cedimento delle opere di bonifica e dei vecchi canali di scolo delle acque, tale da far tornare il lago ai suoi vecchi confini.
Le stesse notizie, ma riferite all’anno 590, sono riportate anche nelle “Storie di S. Antonino”:
“Nell’anno VII° dell’Impero di Maurizio, ci fu una così grande inondazione, da far temere che il mondo venisse sommerso di nuovo dalle acque del Diluvio”.
Anche il Liber Pontificalis ricorda, a proposito della vita di Papa Pelagio II° (578 – 590) , che, proprio nell’anno della morte del Papa, “ci furono piogge così abbondanti che tutti dicevano che erano tornate le acque del Diluvio Universale”.
Ma anche nel 610, durante il pontificato di Bonifacio IV° (608 – 615), “ci furono gravissime inondazioni d’acqua”.
Ora, se per la fine del VI° secolo ci fu una rovinosa escrescenza del Fucino, è da supporre che l’Emissario  si fosse già ostruito, almeno da  20 – 30  anni , o forse di più; vale a dire il tempo necessario  perché le acque del lago tornassero entro i loro confini naturali.
Con il nuovo straripamento, al più tardi, possiamo datare intorno alla metà del VI° secolo la cessazione del servizio  dell’Emissario romano ed il ritorno del Fucino entro i suoi vecchi confini naturali, e, purtroppo, alle sue rovinose inondazioni.
Dopo il VI° secolo, tutte le notizie riguardanti la regione del Fucino, parlano dell’esistenza del lago come di una cosa naturale e scontata.
Il monaco Paolo Diacono, vissuto negli ultimi decenni dell’VIII° secolo nell’Abbazia di Montecassino, nell’elencare le varie regioni d’Italia, in epoca Longobarda, scrive:
“La XIII° provincia è la Valeria…; di essa fanno parte  le città di Tivoli, Carsoli; Rieti , Amiterno e la regione dei Marsi con il loro lago che si chiama Fucino”.
Nessun accenno alla straordinaria situazione del passato!
Dallo storico benedettino Leone Marsicano, nato a Marruvio nell’XI° secolo, abbiamo una notizia molto più precisa sul Fucino.
Nel 782 il Duca di Spoleto Ildebrando, donò al Monastero di Montecassino una sua masseria nella Contea dei Marsi, con tuto il numeroso personale ed i loro beni; in più alcuni pescatori del lago Fucino, col porto dello stesso lago, di nome “Adrestina”.
La “Adrestina”, oggi Arestina o Restina,  è una località tra S. Benedetto e Venere, lungo la via Circonfucense, corrispondente alla vecchia costa del lago; per cui un porto in quel luogo, nell’VIII° secolo, presupponeva necessariamente un ritorno del Fucino  ai suoi confini naturali.
L’esistenza di un porto alla “Restina”, è confermato  dall’esistenza fino a pochi anni fa'  di due ampi bacini artificiali, di cui uno quadrato e l’altro rettangolare, dai quali sgorgavano acque sorgive, le più abbondanti del bacino fucense.
In questa località un porto lacustre esisteva già  dal I° secolo a.C., ed è probabile che un piccolo bacino, forse utilizzato come pescaia, sia rimasto in vita anche dopo le opere di bonifica, verosimilmente alimentato dalle sue polle sorgive.
Ora, il fatto che Leone Marsicano non faccia nessun cenno  al fatto che il lago del Fucino fosse stato prosciugato dai romani, potrebbe significare che il lago era tornato ai suoi confini da così lungo tempo, da non fare più notizia neanche per uno storico del luogo.
Termina qui la storia di un opera  grandiosa, realizzata dalla forza civilizzatrice di Roma: una storia durata 500 anni, drammatica ed affascinante, testimone dell’ingegno e della fatica dell’uomo.