7) L' INTERVENTO DI TRAIANO

Dopo un silenzio assoluto durato oltre mezzo secolo, rotto solo da qualche riferimento sporadico di alcune fonti che accennano al lago del Fucino come ancora esistente dopo il 54 d.C., finalmente per l’anno 117 d.C. abbiamo un documento eccezionale ed illuminante.
Si tratta di una iscrizione inserita alla base di una statua che i cittadini di Alba Fucens avevano dedicato all’Imperatore Traiano (98 – 117 d.C.).
La statua all’epoca era già dispersa, ma l’iscrizione nel 1651 fu osservata e trascritta dallo storico Lucio Camarra nella sua “Storia di Chieti” e, successivamente, nel 1678 da Muzio Febonio nella sua “Historia Marsorum”.
L’iscrizione si trovava in quel tempo nella Chiesa di S. Bartolomeo Apostolo in Avezzano, ma dovette andare dispersa subito dopo se è vero che, già nella metà del XVIII° secolo, altri autori la citano rammaricandosi della sua scomparsa.
Eccone il testo:
IMP. CAESARI. DIVI
NERVAE. FIL. NERVAE
TRAIANO. OPTIMO
AVG. GERMANICO
DACICO. PARTHICO
PONT. MAX. TRIB. POT. XXI
COS. VI. PATRI. PATRIAE
SENATUS. POPULUSQ. ROMANUS
OB. RECIPERATOS. AGROS. ET. POSSESS. RE…
QUOS. LACVS. FVCINI. VIOLENT……

Integrazione del testo:
IMP(eratori) CAESARI, DIVI NERVAE FIL(io), NERVAE, TRAIANO, OPTIMO, AVG(usto), , GERMANICO, DACICO, PARTHICO, PONT(ifici) MAX(imo), TRIB(unicia) POT(estate) VIGESIMAPRIMA, CO(n)S(uli) SEXTUM, PATRI PATRIAE, SENATUS POPULUSQ(ue) ROMANUS, OB RECIPERATOS AGROS ET POSSESS(oribus) RE(stitutos), QUOS LACUS FVCINI VIOLENT(ia inundaverat.)

Traduzione:
“All’Imperatore, Cesare, figlio del divo Nerva, Nerva, Traiano, Ottimo, Augusto, Germanico, Dacico, Partico, Pontefice Massimo, Tribuno per la ventunesima volta, Console per la sesta volta, Padre della Patria, il Senato ed il Popolo romano, per i terreni recuperati e restituiti ai (loro) possessori, che la violenza del lago Fucino aveva inondati”.

Ora vediamo a quale anno si deve datare l’iscrizione.
Per fare ciò occorre esaminare i vari titoli attribuiti a Traiano e controllare a quali anni del suo regno essi corrispondono.
Chiaramente l’iscrizione deve essere posteriore, o al massimo dello stesso anno dell’ultimo titolo attribuito in ordine di tempo all’Imperatore.
Sappiamo che Traiano fu detto “Particus” nell’anno 116 d.C., dopo che aveva sconfitto i Parti e conquistato la Mesopotamia; l’iscrizione, dunque, deve essere almeno dello stesso anno.
Per quanto riguarda la “Tribunicia Potestas”, l’Imperatore ebbe questo titolo – al quale teneva molto, poiché tale carica conferiva alla sua persona il carattere di sacro ed inviabile – tutti gli anni ininterrottamente fino al 27 ottobre del 97 d.C., e poi dal 10 dicembre del 99 d.C. fino alla sua morte avvenuta in Cilicia il 9 agosto del 117 d.C.
In particolare la XXI° Tribunicia Potestas fu l’ultima della serie in quanto posseduta dall’Imperatore dal 10 dicembre del 116 d. C. fino al giorno della sua morte.
Quindi l’iscrizione alla base della statua offerta dagli albensi risale ad un periodo compreso tra il 10 dicembre del 116 d.C. ed il 9 agosto dell’anno 117 d.C..
Altro elemento molto interessante dell’iscrizione è che il dedicante è lo stesso Senato di Roma; quindi un “ringraziamento ufficiale” per un’opera di pubblica utilità realizzata dall’Imperatore.
Infatti l’elogio a Traiano, per il recupero delle terre sommerse dalla violenza delle acque e la loro restituzione ai precedenti possessori, presuppone necessariamente un intervento ufficiale dell’Imperatore nel Fucino, con lavori molto impegnativi, i quali vanno senz’altro ricollegati all’impresa voluta e già portata a buon punto da Claudio.
Né deve meravigliare che ci sia stato un nuovo intervento nel Fucino delle Autorità di Roma nella persona dello stesso Traiano, né che della cosa sia stato interessato lo stesso Senato, poiché il Fucino era ormai diventato un problema nazionale, ben noto negli ambienti della Capitale, soprattutto dopo l’enorme risonanza avuta dalle feste spettacolari indette da Claudio.
Ormai il Fucino esigeva una soluzione definitiva ed improrogabile ed i Marsi, sotto l’incalzare di una nuova rovinosa inondazione verificatasi intorno al 110 d.C., si rivolsero ancora una volta all’Imperatore.
Il momento politico era particolarmente favorevole a Traiano; infatti, reduce dalla vittoriosa campagna contro i Daci, con un bottino di guerra ricchissimo, non aveva problemi di bilancio; però, nei suoi interventi in fatto di opere pubbliche, da buon amministratore, egli perseguiva scopi eminentemente pratici, ed il problema del Fucino, di nuovo straripato, aveva appunto tutte le caratteristiche di un’opera pubblica che necessitava di un provvedimento urgente.
Ma è possibile che, a favorire la decisione, sia stata anche la considerazione della convenienza nel riprendere i lavori di un’opera, già costata molto all’erario imperiale, e lasciata in abbandono da oltre mezzo secolo; opera che, tra l’altro,  si poteva portare a compimento con un supplemento di spesa relativamente modesto, considerato lo stato di avanzamento dei lavori.
Traiano, quindi, approvò la ripresa dei lavori per il ripristino dell’emissario, sottolineando con questa decisione la biasimevole negligenza degli otto Imperatori che lo avevano preceduto dopo la morte di Claudio, i quali avevano abbandonato il Fucino al proprio destino.
Vediamo ora di analizzare le altre parti dell’iscrizione, per capire in cosa consistette l’intervento di Traiano:
1. “……agros……quos  lacus  Fucinus  violent(ia  inundaverat).”
Non c’è da meravigliarsi che il Fucino, nel periodo trascorso tra l’interruzione dei lavori voluta da Nerone e l’intervento di Traiano, abbia di nuovo danneggiato e sommerso i terreni ripuari circostanti: di ciò l’iscrizione ce ne offre una conferma esplicita; invece ci da una conferma indiretta che da tempo, ormai, l’emissario aveva cessato completamente di funzionare.
2. “…reciperatos  agros  et  possess(oribus)  re(stitutos).”
Chiaramente qui siamo di fronte  ai risultati finali del nuovo intervento, il cui merito, nell’iscrizione, è attribuito a Traiano dallo stesso Senato di Roma; quindi l’Imperatore col suo intervento era riuscito a recuperare le terre già sommerse ed a restituirle ai loro proprietari.
Ora, se nel 117 d.C. le terre erano già state restituite ai proprietari e l’ultima rovinosa inondazione del Fucino era del 110 d.C., i lavori di restauro devono essere stati eseguiti in questo intervallo di tempo.
Ma in cosa sarà consistito, in pratica, l’intervento di Traiano?
E’ ragionevole pensare che i “reciperatos agros” di cui parla l’iscrizione siano i soli terreni rivieraschi esterni  alla normale linea di costa, i quali erano stati inondati dal lago durante la sua ultima escrescenza; tanto più se pensiamo che l’iscrizione si riferisce all’ultimo anno di vita di Traiano e che, quindi, non ci sarebbe stato il tempo materiale per sottrarre al lago dei nuovi terreni interni alla linea di costa.
I lavori di Traiano si dovettero dunque limitare, verosimilmente, alla pulizia ed al rafforzamento del canale collettore ed alla disostruzione della galleria sotterranea.
Quest’ultima operazione deve essere stata sicuramente la parte più lunga e complessa dell’intera operazione di recupero.
Comunque non dovette essere stata nemmeno un’impresa eccessivamente difficile ed onerosa ; e questo aspetto deve senz’altro aver influenzato e facilitato la decisione dell’Imperatore di riesumare il vecchio progetto di Claudio.